Raramuri quelli con i piedi veloci
Venni a conoscenza dei Rarámuri durante la pianificazione di un viaggio nello stato messicano di Chihuahua nel 2007.
Il viaggio si sviluppava lungo la Barranca del Cobre (Copper Canyon) nella Sierra Madre Occidentale in un territorio vasto all’incirca 60.000 chilometri quadrati, un quinto dell’estensione dell’Italia.
Una zona impervia, di difficile acceso caratterizzato da una serie di canyon impressionanti con dislivelli che possono variare dai 1500 ai 2400 metri sul livello del mare.
Durante l’inverno, nella parte alta della Sierra, si registrano abbondanti nevicate con temperature che possono scendere fino ai 20 gradi sotto zero.
In contrasto, dentro i canyon, il clima è tropicale con temperature che possono arrivare fino ai 50 gradi nei mesi più caldi.
A quell’epoca c’erano ben poche informazioni riguardo ai Rarámuri, qualche foto e informazioni basiche riguardanti gli usi e costumi.
Il libro Born to Run ancora non era stato pubblicato ed in Messico l’informazione riguardante questa etnia erano quasi nulle ma quelle poche informazioni accesero in me un grande interesse per questa cultura in quanto corridore.
Fortunatamente conobbi il blog di Barefoot Ted uno dei maggiori esponenti del barefoot e della corsa minimalista, fondatore anni dopo della Luna Sandals.
Nel suo blog, all’epoca ovviamente si trattavano temi riguardanti la corsa a piedi scalzi, ma anche di scarpe minimaliste come le Fivefingers (fu proprio Ted a suggerire alla Vibram di commercializzarle per attività sportive come la corsa).
Sulle sue pagine si potevano leggere storie lontane come quelle dei monaci giapponesi che correvano in sandali o dei Rarámuri con cui Ted ebbe modo di correrci insieme proprio nella Barranca del Cobre l’anno precedente.
Memorabili i suoi video dove sperimenta prototipi di sandali da lui stesso realizzati. Da quel giorno si aprì un mondo.
Un mondo fatto di una ri-scoperta nel correre in modo naturale grazie anche alla testimonianza di questa cultura.
I Rarámuri o Tarahumara (nome dato successivamente dagli spagnoli) il cui significato è piedi leggeri o corridori a piedi (da Rara=piede e Muri=correre), sono un popolo nativo della Sierra Madre Occidentale.
La popolazione è di circa 45.000 persone. Si stima che un 26.000 sia bilingue, il restante parla solamente la lingua nativa.
I loro antenati secondo studi archeologici arrivarono in queste zone 15000 anni fa.
Attualmente si sostengono principalmente coltivando mais, cotone, zucchine, fagioli e peperoncini ed allevando bestiame.
I loro indumenti tradizionali sono caratterizzati da casacche larghe, peculiari pantaloni corti chiamati Tagora (le donne usano indossare varie gonne ponendole una sopra l’altra), cinture colorate, fascia sulla testa chiamate Koyera (le donne usano anche un fazzoletto colorato per coprirsi la testa), coperte che indossano nei periodi invernali e gli ormai famosi sandali Akaka conosciuti come Huaraches.
La maggiore peculiarità dei Rarámuri, come indica l’etimologia, è la corsa. Sono considerati tra i migliori corridori di resistenza al mondo.
Si racconta che un Rarámuri corse quasi 960 km in 5 giorni per portare un messaggio da Guazápares fino alla città di Chihuahua.
L’atto del correre ha molteplici significati e modo di utilizzo nella loro cultura.
I Rarámuri corrono per spostarsi in queste zone scoscese tra una comunità e l’altra fin da piccoli sviluppando una resistenza ed una tecnica della corsa unica al mondo.
La corsa veniva anche utilizzata nella caccia per sfinimento, un sistema antichissimo di caccia che consiste nell’inseguire una preda per un lungo periodo di tempo, fino all’esaurimento delle sue forze per essere così catturata.
La corsa per questa etnia ha un significato anche sacro, di sopravvivenza, di coesione e d’identità culturale. Ne sono la testimonianza le tradizionali gare della Rarajípari e della Ariweta.
Nella Rarajípari i migliori corridori Rarámuri calciano e rincorrono, a piedi scalzi o con i sandali, una palla fatta di radice di quercia, correndo per chilometri su e giù tra dirupi, attraversando paesaggi fatti di pini, canyon, valli, e cascate.
La corsa si realizza sempre tra due squadre di comunità diverse il cui numero può variare da due fino a venti partecipanti secondo la decisione degli Chokéames, gli organizzatori della gara.
Il giorno anteriore alla corsa si decretano i giri del circuito (a volte possono arrivare fino ai 25), ognuno più o meno sui 20 chilometri.
La durata della gara può variare, da ore fino a giorni, e partecipano tutti i membri della comunità.
In ogni gara entrano in gioco non solo le capacità individuali per correre, ma anche quelle di gruppo, un esempio di integrazione di squadra.
Le celebrazioni iniziano due giorni prima con preghiere e riti propiziatori.
I partecipanti e gli spettatori scommettono sul loro gruppo favorito, mais, pinole (un alimento preispanico a base di farina di mais tostata alto in calorie e molto nutritivo), bestiame, soldi e interi raccolti.
Durante la gara tutta la comunità incita ed aiuta i corridori offrendo a loro acqua e Pinole, illuminando di notte il loro cammino con torce.
Il vincitore sarà la squadra il cui corridore, calciando la palla, arriverà primo alla fine di tutti i giri stabiliti.
Anche le donne Rarámuri corrono però lo fanno in un’altra gara chiamata Ariweta dove, invece di calciare una palla, devono lanciare e rincorrere con un bastone un anello, Rowera, fatto di yucca.