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I Monaci Maratoneti del Monte Hiei

9 Febbraio 2017Andrea Francavilla
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-- GLI SPECIALISTI ITALIANI DELLE CALZATURE MINIMALISTE --

I Monaci Maratoneti del Monte Hiei

Un pò tutti camminiamo e corriamo su e giù per le montagne, per ragioni analoghe come la sensazione di libertà godendoci paesaggi naturali, la pace, l’armonía, l’endorfine che mescolano perversamente gioia e sofferenza.

Queste ed altre motivazioni spingono le persone a riscoprirsi in mezzo alla natura.

C’e’ pero una parte del Mondo in cui queste sensazioni vengano incredibilmente portate all’estremo: il Monte Hiei in Giappone.

Monte Hiei – Giappone

Kaihōgyō: la prova dei 46 mila chilometri in 7 anni

Da secoli su questo monte che sovrasta Kioto vivono i Monaci Buddisti Tendai Gyōja, ovvero atleti spirituali che percorrono il cammino del Budda camminando e correndo.

Il movimento che porta al risveglio lo incontrano in una durissima prova fisica e mentale chiamata Kaihōgyō.

Sōō Oshō è considerato il fondatore di questa pratica risalente al IXº secolo. Sōō è stato un Monaco Tendai che ha trascorso anni praticando ascetismo intorno al Monte di Hiei.

Queste pratiche successivamente vennero prese da altre monaci che nel corso dei secoli hanno mantenuto la tradizione e strutturato l’attuale Kaihōgyō.

Per sette anni consecutivi gli atleti Gyōja effettuano una durissima prova per raggiungere l’illuminazione percorrendo con i propri piedi avvolti in un paio di sandali in paglia più di 46 mila chilometri visitando santuari, cantando mantra e meditando.

Cappello tradizionale di un Monaco Maratoneta del Monte Hiei

La prova dei 1000 giorni

Dal 1885 solamente 46 monaci hanno completato l’intera prova dei quali 2 sono riusciti a raddoppiare la distanza percorrendola due volte di seguito ovvero in 2000 giorni.

La prova dei 1000 giorni consiste in:
• 40 km per 100 giorni consecutivi nei primi 3 anni
• 40 km per 200 giorni consecutivi nel quarto e quinto anno
• 60 km per 100 giorni consecutivi nel sesto anno
• 84 km per 100 giorni consecutivi + 40 km per altri 100 giorni consecutivi nel settimo anno

Un totale di 46.400 km in 7 anni percorsi con abiti peculiari caratterizzati da un grande cappello e sandali in paglia.

Trasportando tra le altre cose candele ed incenso per i rituali, libri per i mantra, un lungo bastone, una corda conosciuta come la “corda della morte” che rammenta al corridore la dura prova.

Una prova fatta di disciplina, pazienza, perseveranza, concentrazione, generosità e conoscenza trascendente, passo dopo passo.

I percorsi generalmente iniziano di notte su sentieri montagnosi irregolari e poco marcati.

Durante i mesi invernali le basse temperatura e la neve rappresentano un ostacolo in più dovuto al loro abbigliamento.

Sandali tradizionali dei Monaci Maratoneti del Monte Hiei

Dōiri: la prova del tempio dopo il quinto anno

C’è da aggiungere che durante il quinto anno si arriva ad una prova considerata la più dura e la più scoraggiante della Kaihōgyō chiamata Dōiri (Entrata nel Tempio) che porta il monaco al limite della morte.

Per sette giorni consecutivi deve rimanere rinchiuso nel tempio senza acqua ne alimenti e senza poter dormire, recitando mantra, ripetendoli fino a 100.000 volte al giorno.

Solamente nel quinto giorno si permette al monaco di potersi sciacquare la bocca con acqua.

Il loro corpo è portato talmente all’estremo che riescono ad idratarsi tramite l’aria fresca della montagna, la rugiada o la pioggia.

La prova più difficile pero di questi 7 giorni è quella di rimanere sveglio tutto il tempo mantenendo una postura corretta in ogni istante.

Il Dōiri è una prova dura che mostra il volto della morte agli atleti Gyōja.

Durante questo periodo i monaci sono così vicino ad essa che riescono a sviluppare nuove sensibilità e percezioni.

The Marathon Monks of Mount Hiei – John Stevens

“Possono sentire cadere le ceneri dell’incenso, percepire odori, identificare alimenti a distanza di chilomentri e vedere il sole e la luna entrare dentro il tempio” descrive John Stevens nel libro “The Marathon Monks of Mount Hiei”.

I Gyōja sperimentano sensazioni di vuoto e trasparenza, purificando i pensieri, rendendoli neutri, senza giudizi.

È sorprendente come questi monaci possono continuare il loro percorso con poche ore di sonno.

Mentre corrono e camminano imparano a fare riposare parti del corpo entrando in uno stato meditativo.

Non corrono per essere più veloci o per vincere qualcosa.

Danzano semplicemente correndo e lasciandosi andare.

Alla fine i monaci diventano un tutt’uno con la montagna durante il lungo percorso, riuscendo a superare tutti gli ostacoli e scoprendo la pace interiore che si riflette con quella esteriore.

Durante questi sette anni, le stelle, il cielo, le pietre, le piante, gli alberi diventano compagni del cammino di questi monaci, che sviluppano la capacità di prevedere il tempo tramite la forma delle nuvole, la direzione del vento e l’odore dell’aria.

Conoscono gli orari di quando gli uccelli e gli insetti iniziano a cantare e si stupiscono come se fosse la prima volta nel vedere danzare il sole e la luna ad ogni crepuscolo.

Queste abilità fanno dei Gyōja dei corridori stupefacenti.

Il fatto che essi compiano tutto questo durissimo percorso per ricevere l’illuminazione li rendono unici.

John Stevens li descrive in questo modo: “Le cose più ammirevoli di questi monaci sono il calore, il loro cuore aperto, l’umanità.

Ad affrontare più volte la morte si sentono vivi in ogni singolo momento, pieno di gratitudine, gioia e grazia.

Hanno molto da insegnare: cercano sempre il massimo, senza guardare indietro, prendendosi cura degli altri e mantenendo la mente nel cammino”.

John Stevens (1989)

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PIES SUCIOS - Terra Zip

Fonti ed approfondimenti: “The Marathon Monks of Mount Hiei” di John Stevens

Leggi anche: “Origine della corsa come meditazione” di Paolo Iavagnilio

Andrea Francavilla

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Race Director Punk-Trail Mexico
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