Minimal o correre scalzi?
Dopo aver appreso i benefici del camminare (o correre) minimal, manca un tassello fondamentale:
Come farlo, partendo da zero? E’ meglio iniziare con scarpe adatte o correre scalzi?
Appreso il concetto che camminare e correre scalzi sia la cosa più fisiologica, salutare e spontanea che esista, sorge spontaneo farsi una domanda.
Dopo anni ed anni di uso di calzature, come posso iniziare senza avere problemi?
Verrebbe spontaneo rispondere: “Togliti le scarpe e vai!”, ma non è così semplice.
Siamo scalzi di ritorno
E’ molto importante tenere presente che siamo “scalzi di ritorno”.
Gli anni che abbiamo passato con le scarpe, infatti, hanno influito notevolmente sul nostro assetto posturale e cinetico.
Il corpo compie degli aggiustamenti atti a minimizzare il dispendio energetico in base alle condizioni.
Nel caso delle scarpe, la loro struttura anatomica influenza la diversa attivazione muscolare e il diverso bilanciamento muscolo-scheletrico.
Nelle parti precedenti abbiamo generalizzato sulle più comuni caratteristiche che presentano le calzature più vendute e sui danni che ognuna di queste può provocare.
Ultimamente in commercio esistono delle calzature (scarpe minimal) che ovviano parzialmente ai maggiori problemi riscontrati in quelle più “tradizionali”.
Dico parzialmente, perché le scarpe minimal, pur con i loro vantaggi rispetto a quello che le case produttrici ci hanno propinato fino ad ora, non sono e mai saranno come il piede nudo.
Le scarpe “a cinque dita”
Le scarpe minimal, come le Vibram Fivefingers ad esempio, risolvono alcuni dei problemi legati alle classiche calzature.
Hanno una suola molto sottile e flessibile, uno spazio per le dita molto più ampio (addirittura le dita sono separate una ad una), niente tacco e avampiede rialzato, per cui il passo torna ad essere un po’ più naturale e si ha una maggiore attivazione dei muscoli plantari.
Tuttavia esse non risolvono completamente il problema legato alla corretta attivazione dei recettori posti sotto la pianta del piede.
Come abbiamo visto nelle precedenti parti, tali recettori sono preposti alla calibrazione posturale e cinetica.
I meccanocettori sono sensibili alla più piccola deformazione in senso longitudinale e verticale in modo da fornire dei feedback continui.
Così essi permettono la corretta attivazione muscolare volta a minimizzare l’impatto con il suolo e a massimizzare il bilanciamento.
Meglio scalzi?
Alcuni studi hanno evidenziato come anche una semplice calza possa alterare parzialmente questo delicato meccanismo, figuriamoci la, seppur sottile, suola di una scarpa!
Alcuni soggetti che passano da una tradizionale scarpa da running ad un paio di scarpe minimal, continuano ad atterrare sui talloni.
Le ricerche abbiano ampiamente dimostrato che in questo modo si ha un notevole impatto sulla caviglia e sulle articolazioni sovrastanti che può portare ad infortuni.
Atterrando sull’avampiede si sfrutta l’effetto ammortizzante dei muscoli plantari, del tendine di Achille e del muscolo gastrocnemio.
Questi infatti assorbono l’energia cinetica dell’impatto, risparmiando le articolazioni.
Scarpe minimal sì, ma con cautela!
In molti casi si consiglia di utilizzare le scarpe minimal come transizione verso il barefoot running ma, a nostro avviso, il loro repentino utilizzo nei soggetti abituati alle scarpe tradizionali è molto pericoloso.
Questo perchè ci troviamo nella sfortunata posizione di non avere né la protezione data dalla scarpa ammortizzata, né la corretta protezione naturale data dalla corretta interpretazione dei feedback sensoriali data dai recettori plantari.
Questo ha portato ad un grande numero di infortuni con la conseguente causa legale verso le Five Fingers, ed ancor peggio all’irrazionale associazione di tali infortuni al barefoot running.
A mio avviso, le scarpe minimal vanno utilizzate invece solo da chi è già un barefooter esperto ed allenato.
Vanno utilizzate in particolari situazioni come terreni troppo accidentati, freddo o caldo eccessivi, eventuali competizioni dove occorre massimizzare la prestazione.
Ti consigliamo di rivolgerti ai nostri esperti per poter cominciare una transizione corretta e soprattutto sicura.
In tutti gli altri casi, il piede nudo è sempre la scelta migliore!
I primi passi verso il barefoot running
Proprio come succede ad un arto dopo un periodo di ingessatura, il “tenero” piede nudo al quale sono appena state tolte le scarpe dopo anni, è molto sensibile e anche fragile, atrofizzato e spesso presenta degli squilibri artro-muscolari.
La prima fase consiste proprio del riappropriarsi dei meccanismi propriocettivi e lavorare sui muscoli del piede e della gamba, che influenzano l’appoggio podalico, l’altezza dell’arco, ecc..
I primi terreni dove provare a correre sono quelli più facili come il pavimento di casa, l’erba del giardino, il parco, la terra battuta, che permettono un rapido “break in”.
Possiamo iniziare per pochi minuti al giorno con scarpe minimal o addirittura a piedi scalzi ed aumentare mano a mano il tempo e la difficoltà del terreno.
Occorre ascoltare sempre i segnali del nostro corpo senza cercare di strafare, come in ogni fase di adattamento che vale per tutte le attività (dall’abbronzatura all’allenamento in palestra).
Bisogna stimolare il corpo ad adattarsi sforzandolo pian piano in modo sempre maggiore ma tenendo presente i propri limiti per non entrare nella famosa “fase di esaurimento” o overtraining.
Il mito dei piedi callosi
Contrariamente a quanto generalmente si pensi, il tessuto epiteliale rafforzato che si va a formare gradualmente, non è un tessuto calloso ed insensibile, ma uno strato di pelle coriacea e sensibile allo stesso tempo.
Ricordando il ruolo dei preziosi meccanorecettori, si evince che il piede necessita di sensibilità, da non confondere con l’ipersensibilità indotta dal continuo utilizzo delle calzature.
Ovviamente il primo contatto con il terreno duro e pieno di protusioni o ghiaia sarà probabilmente percepito dal nostro cervello come “doloroso”.
Questo è un po’ come quello che avviene dopo che togliamo una benda dall’occhio dopo mesi e la rapida esposizione alla luce ci infastidisce.
Anche il cervello ha bisogno di un certo tempo per ricatalogare le informazioni e reinterpretarle correttamente.
Ristabilire gli equilibri
Fatti aiutare da un esperto nella transizione, perchè occorre valutare eventuali problemi posturali che richiedono un lavoro di stretching o potenziamento coi pesi in modo da riequilibrare il sistema muscolare, dato che il semplice togliersi le scarpe può non essere sempre sufficiente dopo anni di squilibri indotti da calzature e da altre cattive abitudini della vita quotidiana.
Ristabiliti gli equilibri, i nostri piedi nudi riescono a camminare agevolmente su qualsiasi superficie (i tempi sono soggettivi e sono influenzati da vari fattori come età, storia personale, predisposizione, ecc..).
A questo punto è possibile iniziare la corsa e l’allenamento specifico.
La fase successiva
Una volta che siamo dei barefoot runner allenati ed esperti, possiamo allora prendere in considerazione le scarpe minimaliste come possibile alternativa in base alle esigenze e agli obiettivi personali.
Ovviamente le scarpe minimal richiedono comunque una continua consapevolezza e un’intenzionalità del movimento.
Per cui bisognerà alternare sempre allenamenti completamente scalzi all’uso delle scarpe minimal.
CONCLUSIONI:
Riassumendo: i nostri piedi e il nostro corpo, dopo anni di abitudini errate, hanno bisogno di una fase di transizione.
L’allenamento serve a ritrovare la condizione naturale, dopodichè possiamo finalmente riappropriarci del modo più naturale e salutare di correre.
Va detto che occorre tenere presente che non sempre il comportamento salutare e la prestazione vanno a pari passo.
La scarpa potrebbe essere indispensabile su determinati fondi ed in presenza di particolari condizioni meteo (per esempio la corsa in montagna o lo skyrunning, dove scarpe come quelle minimal sono ideali).
Ognuno di noi deve valutare rischi e benefici associati ad ogni attività tenendo presente che non sempre la prestazione va a braccetto con la salute.
BIBLIOGRAFIA:
Daniel Howell – A piedi nudi
William Rossi – Why shoes make normal gait impossible
William Rossi – Footwear: the primary cause of foot disorders
William Rossi – Fashion and foot deformation
B. Zipfel L.R. Berger – Shod versus unshod: The emergence of forefoot pathology in modern humans?
Tom Myers – Anatomy trains
Michael Sandler and Jessica Lee – Barefoot Walking
4 commenti. Nuovo commento
Ciao mi chiamo Stefano sono 6/7 mesi che ho cominciato a correre quasi scalzo. Inizialnente ho cominciato con dei calzini poi ho comprato un paio di fivefingers e fino ad adesso non ho più indossato un paio di calzature da running. Faccio mediamente 70/80 km alla settimana con medie di 4.20 al/km, è sorprendente correre in assoluta libertà e con le sensazioni che ti trasmettono in tuoi piedi tutto questo non lo avevo mai provato quando il mio piede era avvolto da una scarpa. È una sensazione unica. Adesso che comincia la bella stagione è proprio una gioia sentire il calore del terreno ed è il momento giusto per correre scalzi. Il mio prossimo passo è poi abbandonero’anche le fivefingers. Buone corse a tutti.
Ciao Stefano, congratulazioni per la tua progressione barefoot. È propio così, quando s’inizia non se ne può più fare a meno. Ti auguro il meglio e di riuscire a raggiungere i tuoi obbiettivi, primo su tutti la Salute. Un carissimo saluto.
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