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Minimal o correre scalzi?

27 Marzo 2017Alessio Angeleri
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-- GLI SPECIALISTI ITALIANI DELLE CALZATURE MINIMALISTE --

Minimal o correre scalzi?

Dopo aver appreso i benefici del camminare (o correre) minimal, manca un tassello fondamentale:

Come farlo, partendo da zero? E’ meglio iniziare con scarpe adatte o correre scalzi?

Appreso il concetto che camminare e correre scalzi sia la cosa più fisiologica, salutare e spontanea che esista, sorge spontaneo farsi una domanda.

Dopo anni ed anni di uso di calzature, come posso iniziare senza avere problemi?

Verrebbe spontaneo rispondere: “Togliti le scarpe e vai!”, ma non è  così semplice.

Siamo scalzi di ritorno

E’ molto importante tenere presente che siamo “scalzi di ritorno”.

Gli anni che abbiamo passato con le scarpe, infatti, hanno influito notevolmente sul nostro assetto posturale e cinetico.

Il corpo compie degli aggiustamenti atti a minimizzare il dispendio energetico in base alle condizioni.

Nel caso delle scarpe, la loro struttura anatomica influenza la diversa attivazione muscolare e il diverso bilanciamento muscolo-scheletrico.

Nelle parti precedenti abbiamo generalizzato sulle più comuni caratteristiche che presentano le calzature più vendute e sui danni che ognuna di queste può provocare.

Ultimamente in commercio esistono delle calzature (scarpe minimal) che ovviano parzialmente ai maggiori problemi riscontrati in quelle più “tradizionali”.

Dico parzialmente, perché le scarpe minimal, pur con i loro vantaggi rispetto a quello che le case produttrici ci hanno propinato fino ad ora, non sono e mai saranno come il piede nudo.

Le scarpe “a cinque dita”

Le scarpe minimal, come le Vibram Fivefingers ad esempio, risolvono alcuni dei problemi legati alle classiche calzature.

Hanno una suola molto sottile e flessibile, uno spazio per le dita molto più ampio (addirittura le dita sono separate una ad una), niente tacco e avampiede rialzato, per cui il passo torna ad essere un po’ più naturale e si ha una maggiore attivazione dei muscoli plantari.

Tuttavia esse non risolvono completamente il problema legato alla corretta attivazione dei  recettori posti sotto la pianta del piede.

Come abbiamo visto nelle precedenti parti, tali recettori sono preposti alla calibrazione posturale e cinetica.

I meccanocettori sono sensibili alla più piccola deformazione in senso longitudinale e verticale in modo da fornire dei feedback continui.

Così essi permettono la corretta attivazione muscolare volta a minimizzare l’impatto con il suolo e a massimizzare  il bilanciamento.

Meglio scalzi?

Alcuni studi hanno evidenziato come anche una semplice calza possa alterare parzialmente questo delicato meccanismo, figuriamoci la, seppur sottile, suola di una scarpa!

Alcuni soggetti che passano da una tradizionale scarpa da running ad un paio di scarpe minimal, continuano ad atterrare sui talloni.

Le ricerche abbiano ampiamente dimostrato che in questo modo si ha un notevole impatto sulla caviglia e sulle articolazioni sovrastanti che può portare ad infortuni.

Atterrando sull’avampiede si sfrutta l’effetto ammortizzante dei muscoli plantari, del tendine di Achille e del muscolo gastrocnemio.

Questi infatti assorbono l’energia cinetica dell’impatto, risparmiando le articolazioni.

Scarpe minimal sì, ma con cautela!

In molti casi si consiglia di utilizzare le scarpe minimal come transizione verso il barefoot running ma, a nostro avviso, il loro repentino utilizzo nei soggetti abituati alle scarpe tradizionali è molto pericoloso.

Questo perchè ci troviamo nella sfortunata posizione di non avere né la protezione data dalla scarpa ammortizzata, né la corretta protezione naturale data dalla corretta interpretazione dei feedback sensoriali data dai recettori plantari.

Questo ha portato ad un grande numero di infortuni con la conseguente causa legale verso le Five Fingers, ed ancor peggio all’irrazionale associazione di tali infortuni al barefoot running.

A mio avviso, le scarpe minimal vanno utilizzate invece solo da chi è già un barefooter esperto ed allenato.

Vanno utilizzate in particolari situazioni come terreni troppo accidentati, freddo o caldo eccessivi, eventuali competizioni dove occorre massimizzare la prestazione.

Ti consigliamo di rivolgerti ai nostri esperti per poter cominciare una transizione corretta e soprattutto sicura.

In tutti gli altri casi, il piede nudo è sempre la scelta migliore!

I primi passi verso il barefoot running

Proprio come succede ad un arto dopo un periodo di ingessatura, il “tenero” piede nudo  al quale sono appena state tolte le scarpe dopo anni, è molto sensibile e anche fragile, atrofizzato e spesso presenta degli squilibri artro-muscolari.

La prima fase consiste proprio del riappropriarsi dei meccanismi propriocettivi e lavorare sui muscoli del piede e della gamba, che influenzano l’appoggio podalico, l’altezza dell’arco, ecc..

I primi terreni dove provare a correre sono quelli più facili come il pavimento di casa, l’erba del giardino, il parco, la terra battuta, che permettono un rapido “break in”.

Possiamo iniziare per pochi minuti al giorno con scarpe minimal o addirittura a piedi scalzi ed aumentare mano a mano il tempo e la difficoltà del terreno.

Occorre ascoltare sempre i segnali del nostro corpo senza cercare di strafare, come in ogni fase di adattamento che vale per tutte le attività (dall’abbronzatura all’allenamento in palestra).

Bisogna stimolare il corpo ad adattarsi sforzandolo pian piano in modo sempre maggiore ma tenendo presente i propri limiti per non entrare nella famosa “fase di esaurimento” o overtraining.

Il mito dei piedi callosi

Contrariamente a quanto generalmente si pensi, il tessuto epiteliale rafforzato che si va a formare gradualmente, non è un tessuto calloso ed insensibile, ma uno strato di pelle coriacea e sensibile allo stesso tempo.

Ricordando il ruolo dei preziosi meccanorecettori, si evince che il piede necessita di sensibilità, da non confondere con l’ipersensibilità indotta dal continuo utilizzo delle calzature.

Ovviamente il primo contatto con il terreno duro e pieno di protusioni o ghiaia sarà probabilmente percepito dal nostro cervello come “doloroso”.

Questo è un po’ come quello che avviene dopo che togliamo una benda dall’occhio dopo mesi e la rapida esposizione alla luce ci infastidisce.

Anche il cervello ha bisogno di un certo tempo per ricatalogare le informazioni e reinterpretarle correttamente.

Ristabilire gli equilibri

Fatti aiutare da un esperto nella transizione, perchè occorre valutare eventuali problemi posturali che richiedono un lavoro di stretching o potenziamento coi pesi in modo da riequilibrare il sistema muscolare, dato che il semplice togliersi le scarpe può non essere sempre sufficiente dopo anni di squilibri indotti da calzature e da altre cattive abitudini della vita quotidiana.

Ristabiliti gli equilibri, i nostri piedi nudi riescono a camminare agevolmente su qualsiasi superficie (i tempi sono soggettivi e sono influenzati da vari fattori come età, storia personale, predisposizione, ecc..).

A questo punto è possibile iniziare la corsa e l’allenamento specifico.

La fase successiva

Una volta che siamo dei barefoot runner allenati ed esperti, possiamo allora prendere in considerazione le scarpe minimaliste come possibile alternativa in base alle esigenze e agli obiettivi personali.

Ovviamente le scarpe minimal richiedono comunque una continua consapevolezza e un’intenzionalità del movimento.

Per cui bisognerà alternare sempre allenamenti completamente scalzi all’uso delle scarpe minimal.

CONCLUSIONI:

Riassumendo: i nostri piedi e il nostro corpo, dopo anni di abitudini errate, hanno bisogno di una fase di transizione.

L’allenamento serve a ritrovare la condizione naturale, dopodichè possiamo finalmente riappropriarci del modo più naturale e salutare di correre.

Va detto che occorre tenere presente che non sempre il comportamento salutare e la prestazione vanno a pari passo.

La scarpa potrebbe essere indispensabile su determinati fondi ed in presenza di particolari condizioni meteo (per esempio la corsa in montagna o lo skyrunning, dove scarpe come quelle minimal sono ideali).

Ognuno di noi deve valutare rischi e benefici associati ad ogni attività tenendo presente che non sempre la prestazione va a braccetto con la salute.

BIBLIOGRAFIA:

Daniel Howell – A piedi nudi

William Rossi – Why shoes make normal gait impossible

William Rossi – Footwear: the primary cause of foot disorders

William Rossi – Fashion and foot deformation

B. Zipfel L.R. Berger – Shod versus unshod: The emergence of forefoot pathology in modern humans?

Tom Myers – Anatomy trains

Michael Sandler and Jessica Lee – Barefoot Walking

Dott. Alessio Angeleri

Dott. Alessio Angeleri

Member of Society for Barefoot Living

Leggi anche: “Correre scalzi fa bene?” del Dott. Angelo Rossiello

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PIES SUCIOS - Terra Zip

POSTILLA A TERGO

(di Angelo Rossiello)

Responsabile di Evolutamente.it

Responsabile di Evolutamente.it

La mia esperienza personale ricalca esattamente quanto spiegato sopra dal Dott. Angeleri.

Infatti circa 4-5 anni fa iniziai ad informarmi sul barefoot running e la cosa mi sembrò così logica ed ovvia da mettermi subito all’opera, forse troppo!

All’epoca facevo triathon off-road ed il mio scopo era massimizzare la prestazione e minimizzare il rischio infortuni.

La strada era dunque corretta ma l’esecuzione del progetto fu completamente errata.

Infatti comprai subito un paio di scarpe minimal Vibram Fivefingers e due paia di scarpe INOV-8 (una da strada ed una da corsa in montagna).

Iniziai ad allenarmi gradualmente con queste calzature a differenziale zero.

Purtroppo:

  1. il fatto che mi allenassi e gareggiassi (sforzi strenui);
  2. il fatto di averlo fatto direttamente con scarpe a differenziale zero senza dare tempo al mio corpo di riabituarsi ad una corsa naturale (utilizzavo all’epoca scarpe a differenziale 9 mm);
  3. alla lunga peggiorò in maniera drastica la mia capacità di riassorbire infortuni ed infiammazioni.

La situazione precipitò nel 2012.

Le mie performance podistiche calarono ulteriormente per via di una doppia sciatica che non mi dava pace.

Alla fine un po’ per questo, un po’ per motivi lavorativi decisi di abbandonare l’agonismo.

Come recuperai dall’infortunio?

In realtà non smisi mai di allenarmi, seppur diminuendo di tanto i volumi, perché mi piaceva e perché mi piace tenermi in forma ed attivo e stare a contatto con la natura.

Sulla falsa riga delle considerazioni di sopra continuai ad allenarmi con i principi del barefoot inserendo lunghe camminate in montagna completamente scalzo (sin dall’autunno 2013 approfittando anche per raccogliere funghi…).

In estate scarpe abolite, in casa idem…

Le infiammazioni man mano rientrarono sia per la forte riduzione dei carichi che per le andature molto più blande.

Insomma man mano che i mesi passavano stavo sempre meglio e correvo e mi muovevo più disinvoltamente.

Ho continuato con queste attività per quasi 2 anni ed a maggio 2014 ho deciso di riprendere un minimo di attività agonistica ma solo con gare podistiche (in strada e su qualche trail).

Le cose stavano andando molto bene soprattutto in termini di recupero dagli infortuni.

Le vecchie infiammazioni si facevano ancora sentire ma erano sopportabili e soprattutto rientravano in fretta.

Come allenarti?

Normalmente in tutte le sedute di corsa inserisco 2-3 km completamente scalzo o in fase di riscaldamento e/o di defatigamento (in fase di defatigamente sempre almeno 1-2 km).

Gli allenamenti di tecnica li faccio sulla spiaggia o sull’erba sempre scalzo.

Le restanti fasi di allenamento le svolgo con scarpe minimal.

Devo aggiungere che, purtroppo, anni ed anni di “insulti” non possono essere cancellati con un “colpo di spugna” correndo barefoot.

Riprendere una corsa naturale come quando si era bambini necessita di calma, programmazione, pazienza.

E’ importante farsi consigliare da un esperto in tema, farsi controllare da un esperto biomeccanico mentre si corre, filmarsi, guardarsi. Il rischio?

Quello che mi è capitato e che ho appena descritto sopra.

Una curiosità… L’altro giorno ho visto in garage le mie vecchie scarpe da corsa A1 ma con differenziale importante (9 mm), con le quali mi ero tolto grandissime soddisfazioni!

Ho provato ad indossarle e correrci… Impossibile! Sembravo ingessato.

Non trovavo gli appoggi corretti! Mi sentivo assolutamente inadeguato…

Ultima nota: occhio che correre scalzi provoca dipendenza!

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KINEYA - Muteki Running Tabi

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Alessio Angeleri
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4 commenti. Nuovo commento

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Stefano
29 Marzo 2017 18:19

Ciao mi chiamo Stefano sono 6/7 mesi che ho cominciato a correre quasi scalzo. Inizialnente ho cominciato con dei calzini poi ho comprato un paio di fivefingers e fino ad adesso non ho più indossato un paio di calzature da running. Faccio mediamente 70/80 km alla settimana con medie di 4.20 al/km, è sorprendente correre in assoluta libertà e con le sensazioni che ti trasmettono in tuoi piedi tutto questo non lo avevo mai provato quando il mio piede era avvolto da una scarpa. È una sensazione unica. Adesso che comincia la bella stagione è proprio una gioia sentire il calore del terreno ed è il momento giusto per correre scalzi. Il mio prossimo passo è poi abbandonero’anche le fivefingers. Buone corse a tutti.

Rispondi
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Paolo Iavagnilio
30 Marzo 2017 09:37

Ciao Stefano, congratulazioni per la tua progressione barefoot. È propio così, quando s’inizia non se ne può più fare a meno. Ti auguro il meglio e di riuscire a raggiungere i tuoi obbiettivi, primo su tutti la Salute. Un carissimo saluto.

Rispondi
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Bablofil
1 Aprile 2017 13:51

Thanks, great article.

Rispondi
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Paolo Iavagnilio
1 Aprile 2017 15:37

Thank you.

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