Quale metodo per correre?
In molti si sono posti la domanda su quale sia il metodo migliore per correre.
La risposta è molto semplice e banalmente possiamo dire che ne esiste uno solo, l’istinto.
Questo è un metodo ancestrale ed allo stesso tempo perfetto, studiato su misura per il nostro corpo.
Forse perché nato “qualche anno fa”, ha solo il piccolissimo difetto che se contaminato da variabili esterne o, per meglio dire, moderne, va nel pallone.
Questo ci porta spesso a delle conseguenze fastidiose o ai così detti infortuni del podista.
Questa situazione può essere paragonata ad un sistema GPS.
Anche lui tecnologicamente perfetto e molto preciso a patto che non si viaggi in galleria o in zone coperte.
In questo caso tutti i sensori vanno in crisi ed è come viaggiare con la bussola con una calamita attaccata.
Le scarpe e la corsa
Ritornando alla corsa ed al nostro metodo, l’istinto però non poteva prevedere che un giorno ai nostri piedi sarebbero state aggiunte delle scarpe.
Forse belle ma soprattutto molto comode, che hanno tuttavia finito col mandare completamente in tilt in nostri sensori o ricettori dei piedi.
Le scarpe di ultima generazione racchiudono una tecnologia che potremmo definire spaziale e che per assurdo, cerca di alterare ed imbrogliare ancor di più il nostro istinto.
Esattamente come nei GPS dei nostri orologi e telefoni, ai quali per ovviare al problema della galleria, hanno aggiunto gli accelerometri.
Questi permettono si di non perdere il conteggio della distanza percorsa, ma non ci dicono dove e soprattutto se la direzione che stiamo seguendo sia quella giusta.
Abbandono a questo punto la tecnologia, per ora non ci serve più, e cerco di raccontarvi quale sia stato il mio metodo di correre.
Come ho iniziato a correre
Fortunatamente cominciai a correre parecchi anni fa, non ricordo se a nove o dieci anni. A quel tempo ero affascinato da alcuni personaggi dell’atletica leggera entrati nella leggenda e che tutti voi sicuramente ricorderete.
Il primo fra tutti fu Carl Lewis – atleticamente parlando lo sogno ancora – leggendario nella velocità e nel salto in lungo.
Poi conoscendo Carl, mi imbattei inevitabilmente su Jesse Owens, ahimè!
Lo conobbi leggendo solo delle sue gesta e vedendo qualche filmato di repertorio.
Al pari dei precedenti, gli altri atleti da sogno e mie idoli, sono Edwin Moses, fenomenale nei 400 ostacoli, e Sebastian Coe, numero uno del mezzo fondo.
Con questi personaggi davanti agli occhi mi scattò una molla ed una voglia irresistibile di correre, complice anche la disponibilità di mio padre, tali da farmi avvicinare e quindi entrare in un campo di atletica leggera.
Per di più, non solo capitai nel posto giusto ma conobbi il mio primo allenatore, persona squisita, che mi seppe guidare ed appassionare alla corsa a tal modo da non abbandonarla più.
L’istinto e la corsa
Ricordo benissimo anche il mio primo allenamento dove l’istinto era pronto ad emergere e farsi valere.
Ricordo altrettanto bene come ero vestito, magari non i colori, ma indossavo dei pantaloncini corti, la maglietta ed ai piedi le famigerate Nike.
Dopo la presentazione iniziale, la prima cosa che mi disse fu “fai un giro di pista tranquillo e vediamo come vai”.
Non feci in tempo ad arrivare ai 200 metri che sentii un “fermati subito e vieni qui, così non poi andare da nessuna parte”.
Non ricordo lo stato d’animo, ma sicuramente questo alt forzato mi segò letteralmente le gambe.
Ritornato al punto di partenza mi disse che stavo correndo nel modo sbagliato facendo due errori fondamentali, il primo errore era che atterravo di tallone.
Chissà come mai.
Ed il secondo che oscillavo troppo in verticale, non dico come un canguro ma quasi.
Mi ricordo perfettamente l’accaduto, l’allenatore fu molto drastico, ed infine mi disse senza tanti giri di parole di togliermi le scarpe e ripartire.
Deluso di quanto successo ma soprattutto di abbandonare le Nike, obbedii e ripartii.
A parte i primi metri, poi andò tutto liscio e terminai il mio primo giro di pista.
L’allenatore, molto soddisfatto, mi disse semplicemente “molto meglio”!
Devi spiegarmi perché scalzo appoggi correttamente il piede e con le scarpe no, questo è il modo corretto di correre.
Ora dobbiamo lavorare sull’oscillazione ed altre cosette…”!
Mi sembrò tutto molto strano ma capii che ero nelle mani giuste.
In poco tempo e seguendo le sue indicazioni il mio modo di correre fu corretto completamente, ed ad oggi corro come allora.
Quindi, ripensando a quanto accaduto, l’istinto è il metodo per eccellenza, funziona perfettamente, è dentro di noi, come l’atterraggio di avampiede.
L’ampiezza della falcata si regola automaticamente a seconda della velocità a cui stiamo correndo ed in generale la biomeccanica della corsa, questa intesa come corretta postura ed azione di bilanciamento delle masse.
Le scarpe chiodate e la corsa
Ci sono poi altri aspetti che possono far riflettere e sono sempre legati al mio periodo dell’atletica leggera, uno in particolare: le scarpe chiodate.
Queste sono veramente minimali, lo spessore della suola non penso superi i 6 o 8 mm ed hanno una particolarità, i chiodi.
Probabilmente molti non le hanno mai viste se non da lontano in TV, tuttavia, capita spesso di vederle ai piedi degli amatori nelle corse campestri.
Gran parte di queste persone, purtroppo, le utilizza esclusivamente per la funzione di “ramponi da fango”, senza interrogarsi sul perché i chiodi siano stati posizionati nella parte anteriore della scarpa ed in numero maggiore verso l’esterno.
A conferma di questo “bizzarro” utilizzo, tali persone corrono imperterrite di tallone e quando scivolano non capiscono il perché.
La risposta è semplice, atterrando prima di tallone ed avendo quella parte completamente liscia le speranze di rimanere in piedi scendo molto.
Per non aggiungere che correndo in questa maniera si perdono tutti i benefici e le potenzialità di queste scarpe.
Tutto questo per dire che il nostro istintivo modo di correre se ben guidato può portarci a raggiungere, in generale, ottimi risultati, principalmente di benessere ed efficienza motoria e non esclusivamente agonistica.
L’ideale, come sempre, è quello di potersi appoggiare a persone o strutture squalificate, partendo da un livello amatoriale per poi arrivare ad uno più “competitivo” od agonistico. I mezzi ci sono basta saperli sfruttare e non correre e basta…
Buone corse a tutti e seguite il vostro istinto!
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Non ci posso credere…